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Tag: bocca

DA COSA DIPENDE IL COLORE DEI DENTI?

Il naturale colore del dente non dipende dallo strato di smalto esterno bensì dalla dentina, ovvero lo strato più interno, che dall’adolescenza in poi tende ad ispessirsi e a cambiare leggermente tonalità.

Il bianco naturale comprende infatti sfumature giallognole più o meno accentuate che dipendono dalla presenza di una serie di macchie che si possono depositare sullo smalto intaccando la dentina. Capita con il passare del tempo, nel caso di otturazioni metalliche in amalgama, e soprattutto se non c’è una corretta e costante igiene. In questo caso, lo smalto tende a colorarsi assorbendo i pigmenti da cibi e bevande. Lo smalto infatti, non possiede un colore proprio, è traslucido in quanto formato da cristalli di idrossiapatite, pertanto dallo strato superficiale traspare il colore della dentina sottostante.  Il suo spessore inoltre, nel corso degli anni tende a ridursi per usura, mentre la sua superficie tende a diventare più liscia. È naturale quindi assistere nel corso della vita ad un graduale ingiallimento dei denti.

Ma tornare all’originale brillantezza del bianco naturale si può, grazie alle nuove tecnologie e ai materiali al servizio dell’odontoiatria. Non solo, con diversi trattamenti sbiancanti è possibile anche arrivare ad ottenere un bianco un po’ più artificiale.

Prima di tutto però, è importante ricordare che i denti vanno quotidianamente spazzolati per rimuovere i residui di cibo e soprattutto dopo aver assunto alimenti molto dolci perché più si mantiene la pulizia e meno si incorrerà nell’attacco di batteri che innescano il meccanismo della pigmentazione della dentina.

MA QUANDO È COMPARSO IL PRIMO DENTIFRICIO?

E COME SI LAVAVANO I DENTI PRIMA?

Non siamo riusciti a trovare informazioni certe sui primissimi antenati del dentifricio. Pare che già gli antichi Egizi nel 5000 a.C. avessero l’abitudine di pulire i loro denti (secondo i ritrovamenti di alcuni manoscritti).

Con certezza si può affermare però che Greci e Romani provvedessero in qualche  modo alla loro igiene orale. Le donne romane si dice masticassero una resina aromatica per profumare la bocca. Sicuramente venivano usati miscugli di ingredienti per creare dentifrici molto abrasivi: ossa tritate e conchiglie d’ostrica erano gli ingredienti principali, probabilmente utilizzati con l’ausilio di stracci  di cotone o lino. L’aggiunta delle spezie o di carbone era utile invece per migliorare l’alito.

Polveri di vario tipo comunque sono state usate per l’igiene dentale sino al XIX secolo!

Alla fine del Cinquecento si parlava di “bianco dentario” e di “sapone per i denti”, il che fa presupporre l’utilizzo di prodotti per la pulizia dei denti.

Dunque sino al XIX secolo il dentifricio era una polvere abrasiva utilizzata per togliere i residui di cibo dai denti, e spesso non aveva un buon sapore. Grazie all’aggiunta di glicerina e di altri ingredienti invece, verso la fine del 1800 divenne molto più simile a ciò che utilizziamo oggi, ossia una pasta con una consistenza e un sapore gradevole.

Dovremo però attendere il 1873 per la produzione industriale e la diffusione di massa.

Circa 20 anni più tardi infatti nacque la Dr Sheffield’s Creme Dentifrice, la crema dentifricia proposta finalmente nel tubetto morbido spremibile (sino a quel momento il dentifricio era venduto in tubetti di vetro).

Fu la Colgate nel 1896 a dare il via alla commercializzazione su vasta scala del dentifricio nel tubetto spremibile inventato da Sheffield.

Nel XX secolo poi ci sono state alcune sostanziali modifiche alla composizione della pasta dentifricia, ma Colgate ha aperto la strada al dentifricio così come lo conosciamo oggi.

I frenuli:

Oggi parliamo di frenuli. Si tratti di piccoli lembi di tessuto che collegano diverse strutture del cavo orale. Sono come dei “piccoli fili allungabili” che guidano e rendono possibili i movimenti di lingua e labbra.
È importante tenerli sotto controllo perché in alcuni casi possono presentare delle anomalie con conseguenze patologiche. A seconda del problema, infatti, queste alterazioni andranno trattate da un punto di vista chirurgico, ortodontico, parodontale. Anche in collaborazione con la figura del logopedista.

Ma vediamo quali sono:

  • frenulo linguale che collega la lingua al pavimento orale permettendo i movimenti della lingua;
  • frenulo labiale superiore che collega il labbro superiore alla gengiva a livello degli incisivi centrali;
  • frenulo labiale inferiore che collega il labbro inferiore alla gengiva in corrispondenza degli incisivi centrali;

E da quali patologie possono essere interessati:

Talvolta il frenulo labiale superiore può essere affetto da ipertrofia, ovvero un aumento dello spessore e del numero delle fibre che lo compongono. Altre volte il frenulo labiale superiore può presentare un’inserzione anomala in una zona più vicina ai denti della norma. In entrambi i casi si può creare uno spazio tra gli incisivi chiamato “diastema”.

Il frenulo labiale inferiore invece, in certi casi, può comportare recessioni gengivali, cioè abbassamento della gengiva, quando le fibre esercitano un’eccessiva trazione sui colletti dentali.

La lunghezza ridotta, invece, interessa solitamente il frenulo linguale. Questo comporta una limitazione dei movimenti della lingua, ostacolando l’apprendimento della deglutizione, della respirazione e della fonazione corrette. Tale limitazione potrà inoltre condizionare il corretto sviluppo di mascella e mandibola.

Diagnosticare la patologia e curarla:

Come ripetiamo spesso, la diagnosi precoce fatta da un ortodontista in questi casi è fondamentale. Lo specialista valuterà la lunghezza dei frenuli, la loro inserzione e la mobilità della lingua.
Nel caso in cui sia necessario intervenire, si potrà procedere con la rimozione del frenulo (detta frenulectomia), seguita da esercizi di mobilizzazione linguale.

Quando si interviene?

L’età di intervento è legata alla tipologia di frenulo da trattare e al problema riscontrato:

  • per il frenulo labiale superiore si deve attendere l’eruzione completa dei canini permanenti che potrebbero determinare la chiusura spontanea degli spazi. Nel caso in cui il diastema permanga, è necessario rimuovere la parte del frenulo che si inserisce tra gli incisivi e applicare l’apparecchio ortodontico per chiudere lo spazio.
  • nel caso del frenulo labiale inferiore si interviene precocemente solo quando c’è un danno parodontale. Se esso esercita una trazione eccessiva, infatti, è possibile notare un’iniziale recessione una volta erotti gli incisivi permanenti (uno dei due potrebbe apparire più lungo a causa del bordo gengivale abbassato). Anche in questo caso potrebbe essere indicata la frenulectomia.
  • è il frenulo linguale corto, infine, che può essere diagnosticato alla nascita. Dal momento che limita il movimento della lingua è consigliato l’intervento precoce, anche alla nascita. Talvolta, poi, si rende necessario reintervenire quando il bambino è cresciuto, nel caso in cui si riscontri ancora un deficit nella lunghezza del frenulo.

Quando la brevità del frenulo compromette il linguaggio è consigliabile intervenire in epoca prescolare. Negli altri casi si valuta in base alla crescita scheletrica e dentale. Qualora siano presenti un’alterazione nella posizione della lingua, e problematiche legate a una deglutizione errata, è inoltre fondamentale una collaborazione con la figura del logopedista. Questa figura professionale, con appositi esercizi, insegnerà al bambino a recuperare la giusta posizione della lingua e a deglutire correttamente.

Le riabilitazioni orali

I nostri denti non hanno solo una funzione masticatoria, ma anche sensitiva infatti continuano ad informare il cervello (insieme ad altre strutture) sulla posizione della bocca; il cervello elabora queste preziose informazioni e restituisce una risposta motoria che ci permette di usare i nostri muscoli in modo coordinato quando mangiamo o parliamo per esempio. Nel momento in cui per ragioni odontoiatriche è necessario cambiare l’appoggio dentale è possibile che anche la muscolatura ne risenta.

In DENTAL ONE è possibile fare una valutazione funzionale della muscolatura masticatoria e cervicale che si inserisce nel percorso odontoiatrico , inoltre, dove indicato, viene prescritto un programma di rieducazione muscolare attraverso esercizi e manipolazioni.

Il piano di lavoro che coinvolge congiuntamente Osteopatia e Gnatologia ha un obiettivo ben preciso: si cerca attraverso la manipolazione della colonna e del distretto cranio-facciale di correggere le deviazioni del baricentro che generano le deviazioni masticatorie e successivamente si applica un sistema di centratura della mandibola (bite) che aiuta la bocca a guarire dalle alterazioni create dall’errata masticazione.

Senza questo approccio congiunto non sarebbe possibile correggere durevolmente i problemi sopracitati, ma la osteopatia odontoiatrica rischierebbe di essere esclusivamente un sistema di ridurre temporaneamente i sintomi.

Recessioni gengivali e otturazioni al colletto:

Le patologie che possono colpire la bocca sono numerose e tra queste una condizione molto comune è quella del colletto dentale scoperto in cui, la parte dentale che si trova tra dente e gengiva, si scopre rendendo quella zona della bocca particolarmente sensibile.

Ad essere colpiti da questa patologia sono normalmente i canini e gli incisivi, ma anche gli altri denti possono essere soggetti a rimanere scoperti vicino alla gengiva.

Sintomi del colletto dentale scoperto

  • ipersensibilità dentinale
  • dolore alle gengive
  • Denti che sembrano più lunghi o più grandi
  • Processi cariogeni
  • alitosi
  • Arrossamento e sanguinamento gengivale
  • Mobilità dei denti durante la masticazione

La retrazione gengivale con conseguente colletto dentale scoperto è una patologia che si manifesta gradualmente ed è preceduta da una serie di sintomi e segnali molto importanti, a volte sottovalutati.

Il sintomo principale è sicuramente una sensibilità dentale che si manifesta con un dolore acuto e persistente quando si assumono cibi o bevande troppo caldi o freddi o quando si lavano i denti.

Anche il dolore alle gengive è un sintomo classico del colletto dentale scoperto e si presenta proprio nel punto in cui la gengiva inizia a ritirarsi.

Oltre al dolore, però, la recessione gengivale genera anche un effetto ottico per cui i denti appaiono più allungati o più grandi.

Altri sintomi sono la formazione di carie  e l’alitosi, che spesso è il primo segnale di molte infiammazioni dentali tra cui proprio la retrazione delle gengive.

Con questa patologia le gengive diventano più sensibili e più soggette al sanguinamento, soprattutto quando si lavano i denti, e diventa anche più difficile mangiare perché i denti risultano meno saldi.

Cause del colletto dentale scoperto

  • retrazione gengivale
  • Predisposizione genetica
  • Fenotipo gengivale
  • Piercing
  • Bruxismo
  • Disturbi alimentari
  • Infezione alle gengive
  • Scarsa o scorretta igiene orale
  • Parodontite

La causa principale di questa patologia è appunto la retrazione gengivale, o recessione gengivale, che consiste nello spostamento della gengiva verso la radice del dente lasciando così parte del cemento radicolare scoperto.

Può verificarsi in caso di predisposizione genetica alla malattia o per la struttura della gengiva stessa, per cui può manifestarsi nonostante le precauzioni.

In caso di presenza di un piercing al labbro o alla lingua si può incorrere nel colletto dentale scoperto che, irritato e danneggiato dal piercing, inizia piano piano a recedere.

Anche il bruxismo, patologia che porta a digrignare e serrare i denti involontariamente, può portare allo stesso risultato.

Soggette a retrazione delle gengive sono anche le persone che soffrono di disturbi alimentari come anoressia e bulimia, patologie che inducono chi ne soffre a vomitare anche più volte al giorno. L’acidità dei succhi gastrici causa un processo di erosione che danneggia non solo lo smalto dei denti ma anche il colletto dentale, inducendolo quindi a ritirarsi.

In generale anche le infezioni alle gengive causate dai batteri possono incidere sul colletto dentale scoperto in quanto, i fibroplasti responsabili della compattezza dei tessuti, cominciano a degenerarsi facendo ritirare le gengive.

Le cause scatenanti più comuni dei colletti dentali scoperti comunque rimangono l’uso scorretto dello spazzolino e la parodontite.

Un utilizzo sbagliato dello spazzolino (per esempio spazzolare i denti troppo energicamente) o di uno spazzolino a setole dure può corrodere il tessuto gengivale e rendere i denti sensibili.

In caso di infiammazione gengivale, invece, la causa più probabile è la parodontite, conosciuta anche con il nome di piorrea una malattia che colpisce tutto l’apparato di sostegno del dente che comprende osso, gengiva e legamento parodontale.

Nel momento in cui si sviluppa la piorrea i tessuti che sostengono il dente si infiammano in maniera così aggressiva che rischiano di essere distrutti e, se non si interviene prontamente, gengiva e osso rischiano di rovinarsi al punto di iniziare a recedere fino a causare la perdita dei denti.

In caso di parodontite, lo stato infiammatorio si verifica a causa della presenza della placca batterica nel solco gengivale che si forma in seguito ad una scorretta cura orale che va ad intaccare la salute non solo della bocca ma anche del resto dell’organismo.

Rimedi per il colletto dentale scoperto

  • Otturazione in composito
  • Faccette in ceramica
  • Intervento chirurgico

Per risolvere il problema del colletto dentale scoperto si può ricorrere a strade diverse in base alla gravità della patologia.

Si può ricorrere per esempio all’otturazione in composito dei colletti dentali scoperti, operazione che viene eseguita con una tecnica adesiva.

Altrimenti si possono applicare delle faccette in ceramica, sottili lamine in ceramica dello spessore di 0,7 mm che vengono applicate sulla superficie dei denti così da modificarne forma, colore, lunghezza e posizione ed hanno lo scopo di coprire la superficie del dente.

L’opzione più importante invece, destinata ai casi più gravi, è quello di effettuare un intervento di chirurgia che serve a riportare le gengive ritirate alla loro posizione originale, facendola scorrere, ed eventualmente applicando un innesto per aumentarne lo spessore.

Ritrattamento endodontico:

Cominciamo con lo spiegare che il ritrattamento canalare è un nuovo trattamento canalare dentale che è stato eseguito quando il trattamento endodontico iniziale non ha avuto lo stesso successo oppure è fallito. Questo trattamento consisterà nella rimozione dei materiali di riempimento dai canali radicolari dentali per pulirli e rimodellarli. Il ritrattamento canalare terminerà tipicamente con una nuova sigillatura dei canali radicolari. Ma quando sarà necessario procedere nell’eseguire un ritrattamento canalare? Ci sono una serie di sintomi e segni che possono indicare che il trattamento endodontico non è andato come previsto, cioè ha fallito. Questi segni e sintomi possono essere di vario tipo e includono la presenza di dolore persistente nel dente trattato che potrebbe anche aumentare con il passare dei giorni. Il ritrattamento canalare potrebbe anche rendersi necessario in caso di una infiammazione facciale del dente trattato endodonticamente o in caso di fratture endodontiche dei denti e di tenerezza alla percussione o alla palpazione del dente. Segni radiologici che un canale radicolare non è stato trattato o riempito correttamente o completamente sono facilmente individuabili dal dentista, e in questi casi non resterà altra alternativa all’estrazione del dente che procedere con il ritrattamento canalare. Quando si parla di ritrattamento canalare dolore e fastidio possono essere presenti in minima parte nella fase successiva all’anestesia locale ma tenderanno comunque a sparire nel giro di poco tempo. Il ritrattamento canalare diventerà necessario anche in presenza di canali radicolari accessori che non sono stati o non potevano essere trattati nella prima endodonzia. Anche la comparsa di una nuova carie o lesione infettiva che colpisce nuovamente il canale radicolare dentale potrebbe essere uno dei motivi per cui il dentista valuterà il ritrattamento canalare al pari di una frattura della corona o dell’otturazione che ha causato un nuovo processo infettivo nel dente. Di fronte a uno o più segni e/o sintomi sopra descritti è necessario recarsi rapidamente dallo studio dentistico.

Ritrattamento canalare: come si fa

Come abbiamo già accennato uno dei motivi che possono rendere opportuno valutare un ritrattamento canalare sono la contaminazione da precedente trattamento endodontico, una frattura dentale, un processo infettivo e così via. Se un paziente si presenta nello studio dentistico con un dente devitalizzato e uno dei sintomi che abbiamo elencato, il dentista capirà subito che il dente devitalizzato non è guarito in modo adeguato. E’ il caso, ad esempio, di un dolore che è peggiorato dopo il trattamento iniziale e che compare ogni volta che si mastica o si morde. Si consideri inoltre che uno o più canali radicolari mal otturati e carie ricorrenti possono essere individuati facilmente con una radiografia. Inoltre si potrebbe avere una lesione apicale che non esisteva all’inizio del trattamento endodontico. La modalità di esecuzione del ritrattamento canalare inizierà con un esame clinico e radiografico del dente infetto. Sarà fondamentale fin dall’inizio stabilire la causa che ha causato il fallimento del primo trattamento endodontico. Una volta chiarite tutte le informazioni e la causa del fallimento endodontico è possibile procedere, se possibile, ad eseguire in concreto il ritrattamento canalare. Il trattamento verrà eseguito utilizzando l’anestesia infiltrativa nello studio dentistico, quindi questo trattamento non causerà alcun dolore o disagio. Il ritrattamento canalare consisterà nella rimozione del materiale di riempimento dal primo canale radicolare e nella pulizia del nuovo processo infettivo. Dopo aver fatto ciò e rimodellato i canali radicolari, si procederà nuovamente alla corretta otturazione di questi. Prima del ritrattamento canalare il dentista specialista dovrà verificare che il dente possa essere effettivamente ricostruito, che il parodonto sia sano e che i canali radicolari siano accessibili senza ricorrere alla chirurgia. Inoltre, il paziente deve mostrare adeguate abitudini di igiene orale, sentirsi motivato a preservare i propri denti naturali.

ORTOPANTOMOGRAFIA O “PANORAMICA DENTALE (OPT)”

Cos’è? L’ortopantomografia (nota anche come radiografia panoramica delle arcate dentarie) è una tecnica radiografica che fornisce un’immagine dei denti , delle arcate dentarie, delle ossa mandibolari e mascellari, dei seni mascellari su un’unica pellicola radiografica. L’esame permette inoltre di eseguire delle specifiche radiografie delle articolazioni temporo mandibolari , vale a dire di quelle strutture con cui la mandibola entra in articolazione con l’ osso temporale permettendo i movimenti di apertura e di chiusura della bocca.

A cosa serve? È l’esame richiesto per avere una visualizzazione generale dello stato odontoiatrico del paziente e risulta molto utile per indagare eventuali carie, lesioni periapicali e tasche gengivali di relativa importanza.

Come si fa? La tecnica di esecuzione prevede che il paziente, in posizione eretta, venga interposto tra il tubo radiogeno ed il detettore; la testa verrà immobilizzata (attraverso un poggiamento ed un poggiafronte); verrà chiesto al paziente di mordere l’apposita scalanatura e di posizionare l’arcata dentaria superiore ed inferiore in parallelo; le mani verranno posizionate su due maniglie rigide per consentire al paziente di assumere una posizione definita a sciatore d’acqua portando i piedi in avanti ed il busto indietro. È molto importante tenere le spalla basse e rimanere immobili soprattutto con la lingua ed i denti; durante l’acquisizione l’apparecchio effettuerà una rotazione di 180° gradi attorno al paziente per formare un’immagine bidimensionale di entrambe le arcate dentarie. L’immagine prodotta verrà visualizzata su un monitor digitale e successivamente refertata in modo dettagliato e preciso dal medico radiologo.

Quanto tempo ci vuole? L’ortopantomografia (OPT) delle arcate dentarie superiori ed inferiori, dal posizionamento del paziente all’acquisizione della immagine, ha una durata di circa 10 minuti.

Ci sono delle controindicazioni nell’esecuzione dell’opt? La radiografia delle arcate dentarie superiori ed inferiori, considerato l’impiego di radiazioni ionizzanti (in ogni modo molto basse), è assolutamente sconsigliata per le donne in presunto o accertato stato di gravidanza ad eccezione che tale esame sia imprescindibile per salvaguardare lo stato di salute della donna e dopo aver sentito il parere del Radiologo e del Ginecologo. L’ OPT non è un esame invasivo e non richiede alcun tipo di preparazione.

Dove si può fare? Questa tecnica di indagine è disponibile in ambulatorio radiologico o odontoiatrico.

La visita Odontoiatrica

Che cos’è la visita odontoiatrica?

La visita odontoiatrica è una valutazione dello stato di salute di tutta la bocca: deve essere eseguita almeno una o due volte l’anno, a seconda della fisiologia di ogni singola persona.
E’ uno degli strumenti di prevenzione più importanti per evitare l’insorgere di problematiche ai denti, alle gengive e in generale al cavo orale.
Nel caso dei bambini, la prima visita odontoiatrica dovrebbe essere effettuata all’età di circa cinque/sei anni.

A cosa serve la visita odontoiatrica?

La visita consente all’odontoiatra di valutare lo stato della dentatura (nel caso di un bambino, viene valutata anche la regolarità della crescita), valutare se ci sono situazioni a rischio dovute a carie, placca, tartaro, infezioni batteriche, infiammazioni delle gengive o, in casi più gravi, parodontiti.
Questo permette di mettere in atto in maniera tempestiva le cure specifiche, per risolvere le patologie riscontrate.
Intervenire per tempo oggi, evita di dover ricorrere a trattamenti molto più invasivi domani.

Come si esegue la visita odontoiatrica?

La visita odontoiatrica si svolge in circa un’ora.

In una prima fase, detta anamnesi, l’odontoiatra raccoglie informazioni sull’eventuale storia clinica precedente del paziente.
Fatto questo, passerà alla seconda fase: la visita vera e propria. In questa fase, infatti, valuterà in prima persona lo stato del cavo orale.

Qualora lo ritenga opportuno per aumentare l’accuratezza della diagnosi, l’odontoiatra può decidere di avvalersi di una panoramica dentale oppure una radiografia endorale, a volte abbinata a una TAC 3D (in caso di valutazione di un intervento chirurgico).

Questi esami, quando necessari, sono parte fondamentale della visita: consentono, infatti, di andare oltre un semplice esame visivo andando ad approfondire sotto la superficie del dente e della gengiva.

Afte e lesioni della mucosa orale

Afte e lesioni della mucosa orale, cosa sono, da cosa sono causate e quali sono i rimedi? La stomatite aftosa ricorrente è la malattia ulcerativa più frequente della mucosa orale.

LE AFTE

La stomatite aftosa ricorrente è la malattia ulcerativa più frequente della mucosa orale.
In base alle manifestazioni cliniche, si distinguono tre forme:

  • AFTE MINORI
  • AFTE MAGGIORI
  • AFTE ERPETIFORMI
  • Le afte minori sono le più frequenti e la sede preferenziale è la mucosa del labbro inferiore. Hanno l’aspetto di ulcerazioni tondeggianti ricoperte da membrane biancastre (fondo bianco-giallastro), circondate da un alone eritematoso (rosso), molto dolorose. Hanno un diametro inferiore ad 1 cm e sono frequenti anche noi bambini.

    Guariscono spontaneamente nel giro di 10-15 giorni, ma in pazienti predisposti tendono facilmente a recidivare, per questo si tende a parlare di una patologia ricorrente.
  • Le afte maggiori (diametro maggiore di 1 cm) appaiono più frequentemente sulla mucosa delle labbra, palato molle e pilastri palatini. Richiedono un tempo di guarigione più lungo delle forme minori (anche fino ad 1 mese) e per la loro estensione sono più dolorose.
  • La stomatite aftosa erpetiforme è caratterizzata da gruppi numerosi di piccole ulcerazioni puntiformi, che durante l’evoluzione possono fondersi tra loro.

    Questa malattia viene spesso confusa con l’herpes simplex che tuttavia si manifesta solo sulla mucosa cheratinizzata del palato duro, del bordo vermiglio delle labbra, del dorso linguale e della gengiva fissa, e non sulla mucosa di guancia, pavimento della bocca e versante interno delle labbra, dove invece si trova una mucosa non cheratinizzata e dove si sviluppano le afte.

DA COSA POSSONO ESSERE CAUSATE LE AFTE?

Nonostante la stomatite aftosa sia da molto tempo oggetto di indagini cliniche e sperimentali, le cause non sono ancora chiare, ma vi sono fattori di natura esogena (esterni all’organismo) o endogena (interni all’organismo) che ne favoriscono la comparsa.

  • Traumi occasionali
    Morsicature, spazzolamenti energici, contatto con oggetti o cibi taglienti come lische di pesce o briciole, alimenti e bevande ustionanti, trattamenti odontoiatrici, protesi sporgenti, punture.
  • Microrganismi dannosi
    Batteri come gli Streptococchi, Virus come l’Herpes e funghi come la Candida, attivi soprattutto in concomitanza di un calo delle difese immunitarie nei portatori di protesi e apparecchi ortodontici o a causa di scarsa igiene orale e infezioni dentali o parodontali.
  • Fattori genetici
    L’afta tende a presentarsi se vi sono casi precedenti nelle propria famiglia, soprattutto nei gemelli omozigoti.
  • Fattori nutrizionali
    Anemia e scarso consumo di alimenti contenenti ferro, zinco, acido folico, vitamine del gruppo B.
  • Allergie
    Intolleranza a particolari cibi o bevande, sindromi allergiche causate da farmaci.
  • Condizioni psicologiche
    Eccessivo stress da lavoro o studio, stati d’ansia o depressione.
  • Fumo
    I fumatori sono più predisposti ad afta poiché il fumo induce cheratinizzazione della mucosa orale.

QUALI SONO I RIMEDI?

Generalmente le afte tendono a regredire spontaneamente sempre che la causa non sia una precisa patologia per la quale bisognerà appurarne le cause con appositi esami.

Le afte non sono contagiose, né pericolose. Tuttavia il dolore e i talvolta lunghi tempi di guarigione possono influenzare negativamente l’alimentazione, la vita sociale del soggetto e l’attività lavorativa. Per questo, in molti casi il trattamento si rende necessario più per il controllo del dolore e per velocizzare i tempi di guarigione, piuttosto che per la patologia stessa.

Il dolore orofacciale: sintomi e consigli per affrontare al meglio questo disturbo

Il dolore orofacciale è un disturbo molto fastidioso che può coinvolgere il viso e la testa. Questo problema può essere associato ad alcune patologie dentali, anche se spesso le cause sono da ricercare altrove.

Il dolore orofacciale può colpire il viso, la testa, il collo o l’interno della bocca e fa riferimento a una branca dell’odontoiatria specializzata nella diagnosi e nella cura del dolore non dentale. Questa condizione è associata ad alcuni disturbi, tra cui i più frequenti sono quelli muscoloscheletrici e in particolare i temporomandibolari (ATM), che coinvolgono le articolazioni deputate al movimento della mandibola e colpiscono anche i muscoli che permettono di masticare e parlare, oltre che altre strutture associate.

Il dolore orofacciale colpisce più di frequente le donne, anche se circa il 5-12 per cento delle persone può sviluppare disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare.

Una delle manifestazioni di questa patologia è il dolore miofasciale, per cui il dolore si localizza in una parte diversa del corpo rispetto a quella in cui ha origine: si parla in questo caso di “dolore riferito“. Se il paziente, ad esempio, presenta dolore ai denti senza una causa correlata, questo potrebbe essere “riferito” da altri muscoli del viso o della testa.

Un’altra tipologia di dolore orofacciale è la nevralgia del trigemino. In questo caso, il dolore si presenta come breve, acuto, lancinante e intenso e può essere provocato da azioni normalmente innocue, come ad esempio toccarsi leggermente il viso, lavarsi i denti, parlare, masticare o radersi.

La sindrome della bocca che brucia è un’altra forma di dolore orofacciale, che implica una sensazione di bruciore nella bocca e di frequente anche nella lingua.

Anche l’emicrania localizzata nel viso può essere confusa con un dolore dentale o facciale, mentre spesso è sintomo dei disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare e della cefalea, che possono presentarsi in contemporanea e provocare un aumento di intensità o una cronicizzazione del problema.

In generale, il dolore è un’esperienza personale, spesso complicata da spiegare. È però molto utile per i medici sapere dove è localizzato, se è sempre presente o intermittente, la sua durata e qualsiasi sintomo associato. Descrivere il dolore può aiutare anche a localizzare le sue cause: ad esempio, nel caso in cui il dolore sia simile a scosse elettriche, è possibile un coinvolgimento dei nervi. Se invece il dolore si manifesta all’apertura della bocca, o quando si mastica o parla, potrebbe trattarsi di un disturbo dell’articolazione temporo-mandibolare.

Per questo è importante parlarne e affidarsi alla competenza di esperti e specialisti, come quelli della Dental One , in grado di trovare la diagnosi e le cure giuste in base alle specifiche patologie.

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